Mi chiamo Carla Gatto. Nel 1997 mi sono laureata con 110/110 in architettura, ho conseguito un master in urbanistica a pieni voti all’Università Autonoma di Barcellona, ho progettato e realizzato opere pubbliche e private. Nel 2000, superando una selezione tra 20 professionisti, sono entrata a far parte dell’equipe dell’Ufficio di Piano sotto la guida dell’architetto catalano Oriol Bohigas.
Per un libero professionista trentenne era davvero una splendida opportunità: collaborare alla redazione del Piano Urbanistico Comunale della propria città.
Nel 2008 l’Amministrazione Comunale colse l’opportunità, fornita dalla legge finanziaria, di stabilizzare le professionalità che nel frattempo erano cresciute all’interno dell’ Ente ed avviò, per me ed altri dieci professionisti, con profili altamente qualificati ed esperienze lavorative, maturate anche in altri ambiti, la procedura di stabilizzazione.
Certo la legge per la stabilizzazione è piuttosto farraginosa con quei quattro articoli in due finanziarie e i continui rimandi ad altre leggi. Ma i nostri amministratori hanno studiato (??) attentamente le norme, verificato la disponibilità economica ed il rispetto del patto di stabilità, hanno consultato le organizzazioni sindacali, verificato la pianta organica ed il piano triennale del fabbisogno del personale, valutato quanti lavoratori avessero i requisiti della stabilizzazione (undici in totale), vagliato attentamente la corrispondenza tra i profili professionali e i requisiti richiesti dalla legge e hanno partorito una procedura per la stabilizzazione a cui ci hanno sottoposto.
Il 12 Giugno del 2016 il mio contratto a “tempo indeterminato” si interromperà.
Eh sì, perché oggi, dopo otto anni, la sentenza del Consiglio di Stato n. 1968 del 2016 ha affermato che il Comune di Salerno ha seguito una procedura errata: avrebbe dovuto bandire un concorso aperto anche all’esterno con un’ulteriore quota per coloro che non avevano i requisiti propri della stabilizzazione.
E’ vero, l’accesso al pubblico impiego, per garantire principi di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione, avviene mediante concorso pubblico, così come sancito dall’art. 97 della Costituzione che testualmente recita: “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”. Ma come non riconoscere che la stabilizzazione sia proprio uno di quei casi stabiliti dalla legge? Del resto le leggi della stabilizzazione rispondono all’applicazione di norme europee, tra l’altro sanzionatorie, nate per eliminare il fenomeno del personale precario nella Pubblica Amministrazione.
E a ben pensare, anche nella sentenza della Corte dei Conti n. 788/2015, relativa alla vicenda, si legge che “l’esigenza di consolidare specifiche esperienze professionali maturate all’interno dell’Amministrazione e non acquisibili all’esterno” costituisce giusta deroga al principio del concorso pubblico in quanto funzionale alle esigenze di buon andamento dell’Amministrazione.
Nella sentenza del Consiglio di Stato che mi riguarda si legge che “… la stabilizzazione del personale assunto con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, stipulati senza una preventiva procedura concorsuale a monte, fosse subordinata al superamento di un vero e proprio concorso pubblico (ovvero una procedura aperta anche agli esterni).
Ciò, si ricava incontrovertibilmente dal richiamato comma 529, laddove, stabilendo che le “prove selettive riservano una quota del 60 per cento del totale dei posti programmati ai soggetti con i quali hanno stipulato uno o più contratti di collaborazione coordinata e continuativa”, evidenzia che le dette procedure devono essere aperte alla partecipazione tanto di interni, quanto di esterni.”
Sono una persona piuttosto pratica, io “incontrovertibilmente dal richiamato comma 529” capisco che il 60% dei posti messi a bando deve essere riservato a chi ha i requisiti propri della stabilizzazione, mentre il restante 40% deve essere aperto all’esterno. Probabilmente alla fine del procedimento si sarebbero ottenute due distinte e differenti graduatorie.
In particolare, nel caso del Comune di Salerno, c’erano in pianta organica dieci posti per architetti. Io ero l’unico architetto ad avere i requisiti per la stabilizzazione, quindi il Comune avrebbe dovuto bandire un concorso pubblico (parallelo) per un altro posto assumendo, in tale ipotesi, due architetti. Con la stessa logica si sarebbe dovuto procedere per gli altri profili professionali per i quali, in pianta organica, era prevista una dotazione di posti sufficiente per la copertura di entrambe le quote.
Ecco… Le faccio una domanda ma, per il principio di conservazione degli atti giuridici, un giudice del Consiglio di Stato, invece di dichiarare illegittima tutta la procedura, non avrebbe potuto intimare al Comune di bandire il concorso per la mancante “quota” aperta al pubblico? Certo, previa verifica della sussistenza di tutti i presupposti di legge (copertura finanziaria, piano del fabbisogno, ecc).
Mi dirà… ma dopo otto anni??!! Beh, Le assicuro che anche io avrei voluto sapere otto anni fa che il Comune stava sbagliando la procedura, anziché scoprirlo solo adesso!
La lettura di questa sentenza mi lascia dei dubbi a cui vorrei trovare risposte. Qual è il danno che ha causato la mia stabilizzazione così aspramente censurata dalla magistratura contabile? Io avevo tutti i requisiti ed era volontà dell’amministrazione stabilizzarmi, forse il danno l’ha subito l’altro architetto mai assunto! Come è stato tutelato il principio dell’affidamento del terzo in buona fede poichè l’errore è stato commesso da chi ha redatto la procedura e non da chi l’ha subita? Qual è l’interesse pubblico difeso da questa sentenza?
Mi sembra che il principio che muove quest’azione discenda direttamente da una spending review che ha come unico obiettivo il taglio dei costi, senza tenere conto dei risultati raggiunti dai lavoratori e dell'effettivo funzionamento della macchina amministrativa, organismo sempre più delicato che richiede professionalità esperte e qualificate.
Il Comune di Salerno si troverà impoverito dalla perdita di professionisti che hanno trascorso 10 -15 anni a realizzare delle eccellenze della nostra città. Dopo un primo risparmio sui costi del personale, saranno costretti ad investire per anni per formare nuovo personale, oppure a pagare fornitori esterni capaci di garantire standard adeguati oppure, più semplicemente, ad abbassare il livello dei servizi a discapito dei cittadini.
Oggi penso con tristezza al momento in cui sono stata “precariamente stabilizzata”. Ho quasi cinquant’anni e due bambini, davvero non so cosa mi riserva il futuro, ma se, oggi, dovessi dare un consiglio ad un giovane architetto di trent’anni, gli direi di scappare da questo paese.
La saluto
Carla Gatto